Lei: Solitudine e intelligenza artificiale

Negli ultimi tempi l’argomento “Intelligenza Artificiale” viene spesso trattato da molti, in qualsiasi ambito; se ne parla ovunque, come nelle discussioni comuni o nei programmi in televisione. Molti vedono questo tema come parecchio complesso e viene inoltre preso in modo diverso da chiunque, alcuni sono affascinati dal mondo dell’Al, altri invece si trovano a detestarlo, magari immaginando in negativo ciò a cui possa portarci in futuro. Nel 201 3, il regista Spike Jonze, celebre autore di pellicole quali Essere John Malkovich, mostra al mondo il suo nuovo capolavoro, Lei, lungometraggio con protagonista Joaquin Phoenix (fresco del successo di critica e pubblico per la sua performance in The Master), ambientato in un mondo futuro non troppo lontano dal nostro. ln questa pellicola viene trattato il tema dell’intelligenza artificiale, ma in modo totalmente diverso: non si notano la paura e le problematiche che essa possa garantire, questa visione è difatti stata descritta negli anni da tantissimi altri film quali ad esempio 2001: Odissea nello spazio, con la spaventosa macchina Hal-9000 o anche Ex machina di Garland dove è presente la manipolatrice robot Ava; qui invece ci si pone una domanda del tutto nuova, se l’Al possa addirittura giungere a prendere il posto degli esseri umani nelle relazioni.

Joaquin Phoenix interpreta Theodore, uomo divorziato da poco, davvero solitario e quasi tenero nei comportamenti, che inizia un meraviglioso viaggio relazionale con il proprio sistema operativo chiamato Samantha, dalla voce in lingua originale di Scarlett Johansson.

All’inizio il rapporto fra Theodore e Samantha è di sola amicizia, anche se si evolve giorno per giorno, ed anche se possa naturalmente sembrare un semplice comunicare fra uomo e computer, in realtà c’è molto di più, il tutto sembra una vera e propria relazione interpersonale. Il loro legame accresce, così tanto da farli diventare una coppia ufficiale, presentata da Theodore ad i suoi amici e colleghi.

La magia della pellicola sta proprio nel saper trasporre in modo così armonioso questa relazione come se fosse totalmente umana, Samantha prova gelosia ed a volte si infastidisce, diventa triste o si sente distante da Theodore, arrivando perfino a far sentire all’uomo le medesime sensazioni. Anche se questa connessione possa sembrare praticamente idilliaca, alla base di tutto c’è una grande mancanza, ovvero quella di un corpo con cui Theodore possa confrontarsi, un semplice contatto fra i due avrebbe portato il tutto ad una relazione inscindibile probabilmente. Samantha prova a colmare questo vuoto, ingaggiando una donna da cui possa “prendere in prestito” il corpo per del denaro, ma Theodore non si sente a proprio agio, dimostrando come, nonostante il problema principale dei due sia proprio la mancanza di contatto fisico, non riuscirebbe neanche a figurarsi il corpo di lei, poiché totalmente estraneo dalla sua essenza. Nella parte finale della pellicola, Samantha diviene sempre più evoluta, proprio per questo motivo non solo mantiene allo stesso momento centinaia di relazioni diverse mentre è in contatto con Theodore, ma è tra l’altro pronta ad iniziare un “viaggio” insieme agli altri sistemi operativi per poter superare i propri confini.

La conclusione del lungometraggio descrive la triste separazione fra i due protagonisti, ma nonostante ciò possiamo apprendere quanto Theodore, che prima di conoscere Samantha era in un terribile momento per la propria esistenza, si senta diverso e cresciuto a dismisura dall’inizio della propria relazione; adesso quella temibile sensazione di solitudine che ha portato angoscia nel protagonista non è più un problema, il tutto è stato ormai accettato e continuerà la propria vita senza preoccuparsi di ciò. Dopo aver parlato della trama e dell’argomento Al, possiamo spostarci su un altro fatto alla base della pellicola, che riguarda il passato del regista. Lei può essere considerato quasi come un film speculare e/o complementare alla pellicola Lost in translation di Sofia Coppola, ex moglie di Spike Jonze.

Entrambi i film sono caratterizzati dalla presenza di Scarlett Johansson, che in qualche modo rappresenta il punto di vista di ognuno dei registi nei confronti della propria relazione con l’altro. ln Lost in translation la giovanissima protagonista (personificazione di Sofia Coppola) è spesso lasciata da sola, poiché il neomarito (simbolo di Jonze) si occupa solamente del proprio lavoro, trascurandola.

Circa 10 anni dopo Jonze mostra il suo punto di vista in Lei, dove lui è rappresentato dal solitario uomo Theodore, dedito solamente al lavoro, e la donna è rappresentata dal sistema operativo Samantha, di cui esiste soltanto una voce, un’essenza rarefatta, che naturalmente porta il protagonista a sentire una grande sensazione di assenza.

Questa contrapposizione davvero magnifica, nonostante il profondo dolore alla radice di essa, conduce lo spettatore a capire quanto sia potente il cinema, che con due semplici pellicole collegate, riesce a mostrare la bellezza ed il dolore delle relazioni amorose umane.

Related posts