Cosa hanno in comune il punk, il cinema cult e Frankenstein? Sono tutti strettamente collegati a The Rocky Horror Picture Show. Considerato come uno dei più grandi musical di sempre, fin dal primo momento in cui uscì nelle sale ben 50 anni fa, lasciò a bocca aperta il pubblico, generando un forte sdegno collettivo, anche se negli anni venne ricordata come una delle pellicole più singolari ed eccentriche mai realizzate.
Prima di parlare delle caratteristiche alla base del lungometraggio, bisogna occuparsi brevemente delle sue origini teatrali. Nei primi anni ‘70, Richard O’Brien, futuro sceneggiatore della pellicola, era un attore senza lavoro, che iniziò a scrivere la sceneggiatura del musical The Rocky Horror Show, dopo averla mostrata al regista Jim Sharman, iniziarono i primi preparativi per uno spettacolo teatrale basato su di essa. Nel tempo lo show divenne sempre più noto, giungendo perfino negli Stati Uniti, e verso la fine del 1974 iniziò la produzione di un film ispirato ad esso; vi erano molti attori dello spettacolo originale, invece Richard O’Brien e Sharman furono i principali realizzatori del prodotto finale.
Quando la pellicola uscì al cinema nel 1975 non solo perse parecchi soldi, ma venne addirittura stroncata da pubblico e critica, dato lo stile davvero troppo stravagante per quegli anni; ma nel tempo, iniziando ad essere proiettata per i “midnight screenings”, ovvero delle proiezioni notturne ogni sabato, il pubblico si affezionò sempre di più, tornando di settimana in settimana a riguardare il film. Con lo scorrere degli anni, tanti cinema iniziarono a proiettare la pellicola seguendo questa formula, e così divenne un successo: il pubblico ormai conosceva a memoria le battute e durante le proiezioni si vestiva come i protagonisti, cantando ed esibendosi
davanti agli altri spettatori come se si fosse parte integrante del film.
Proprio grazie a questa evoluzione senza paragoni, il film iniziò ad essere considerato di culto, e proprio da qui nasce il termine di film “cult”. Molte pellicole prima di questa hanno in qualche modo a che fare con questa espressione, ma The Rocky Horror Picture Show a differenza di tutti quegli altri film amati e pluripremiati ritenuti di culto, mantiene qualcosa di diverso, poiché in qualche modo è riuscito ad arricchire non solo il panorama cinematografico dagli anni ‘70 in poi, ma anche quello artistico, dei costumi e (soprattutto) musicale. La pellicola, come venne anche detto dal genio creatore Richard O’Brien, è una mescolanza del genere della fantascienza (anche se in chiave molto più pop), il mondo della musica rock e soprattutto il cinema horror degli anni ‘30 in poi, il quale viene richiamato (e parodizzato) soprattutto grazie alle scenografie. Ciò che rende la pellicola davvero unica nel suo genere è l’uso dei costumi e dei colori, proprio in contrasto con il mondo cupo e tetro dell’horror, vi sono vestiti sgargianti, calze strappate e trucchi fatiscenti. Il servirsi di capelli colorati e vestiti logorati sarà poi in qualche modo ispirazione per il futuro mondo del punk, che proprio negli anni ‘70 stava prendendo vita. Analizzati gli aspetti “artistici” del lungometraggio, ci si può occupare della trama, che si presenta come piuttosto semplice. Dopo un’apertura davvero memorabile, dove delle labbra piene di rossetto su uno sfondo nero cantano “Science Fiction/Double Feature”, brano sul cinema di fantascienza e sui protagonisti della pellicola, l’inizio del film sembra pressoché normale: la giovane coppia formata da Brad e Janet, dopo un matrimonio si ritrova con la macchina in panne e decide di chiedere aiuto. Purtroppo (o per fortuna) incomberanno in un castello con degli stravaganti ospiti ed una bizzarra servitù, tutti sotto il controllo del dottor Frank-N-Furter. Egli, interpretato in modo unico da Tim Curry,
è uno scienziato bisessuale ed extraterrestre, dedito solo ad una grande celebrazione dei piaceri, sessuali e non. Questo personaggio sopra le righe vuole portare in vita una creatura muscolosa e perfetta, Rocky, che possa soddisfare ogni suo desiderio erotico. Si possono da qui notare delle somiglianze con la storia di Frankenstein, difatti proprio il dottor Frank-N-Furter, il cui nome è un’unione di Frankenstein e del termine Rock’n’roll, è una parodia stessa del geniale dottore del romanzo di Mary Shelley; anche se è ovviamente parodizzato, non si trova un personaggio con una missione epocale, solo un uomo che vuole soddisfare ogni suo piacimento, come avverrà in tutta la pellicola. Ad arricchire il tutto vi sono anche le memorabili canzoni (difatti il prodotto teatrale iniziale era un musical), da Time Warp a Sweet Transvestite, ogni brano è un unirsi di pop e rock che riesce perfino a far divertire lo spettatore con le coreografie quasi sempre improvvisate.
Uno spettatore prevenuto, ascoltando le
canzoni del film o guardando qualche scena qualunque, potrebbe immaginare che sia una pellicola senza alcuna morale. Anche se possa presentarsi come “volgare”, The Rocky Horror Picture Show è uno dei più grandi simboli moderni di ribellione: difatti nella società moderna, dove l’uomo si sente vulnerabile nel dimostrare come realmente sia, questa pellicola, con tutti i suoi colori e vestiti appariscenti, si presenta come trasgressiva, abbattendo l’inespugnabile muro delle convenzioni moderne, riuscendo a divenire fonte d’ispirazione per l’epoca moderna.
