La violenza contro le donne non è un’emergenza “a episodi”, ma un fenomeno strutturale, quotidiano e radicato. Affrontarlo solo quando l’opinione pubblica è scossa significa rinunciare a una strategia reale. Servono interventi continui e stabili: risorse per i centri antiviolenza, formazione obbligatoria per chi opera nella sicurezza e nella giustizia, percorsi educativi per i giovani e strumenti di tutela immediata per chi denuncia.
Un momento di riflessione su queste tematiche si è tenuto nella Sala della Carrozza del Museo Regionale Maria Accascina di Messina.
Hanno partecipato: Testimonianza di una donna vittima di violenza familiare; Marisa Mercurio, Direttrice Museo Regionale Maria Accascina Messina; Assunta Musella, Procuratore Aggiunto di Messina; Giovanna Spatari, Rettrice Università degli Studi di Messina; Chiara Ricco, Vice Questore Aggiunto di Messina; Viviana Mondì, Maresciallo Comando Provinciale Carabinieri di Messina; Daniela Pistorino, Dirigente Scolastica Istituto Istruzione Superiore Antonello Messina; Mariangela Inferrera, Psicoterapeuta Messina Social City.
Uscire dalla logica dell’indignazione momentanea è l’unico modo per costruire politiche efficaci e permanenti. La violenza sulle donne non aspetta il 25 novembre, nemmeno le istituzioni dovrebbero farlo. La violenza di genere non si manifesta solo nelle sue forme più estreme, quelle che arrivano sulle prime pagine. Prima del femminicidio ci sono spesso mesi, a volte anni, di maltrattamenti, minacce, isolamento economico, violenza psicologica.
Proprio seguendo questa logica, significativa la testimonianza di “Maria” nome di fantasia che, dopo diversi anni di matrimonio, ha avuto il coraggio di uscire da una condizione di sudditanza psicologica e fisica, grazie soprattutto alla figlia che, comprendendo la situazione di estrema gravità che stava correndo la madre, ha chiesto aiuto ai familiari.
Oggi “Maria” è una donna diversa, sicuramente più matura e più consapevole dei propri mezzi, del suo modo di essere professionista impegnata ed apprezzata, una donna che ha recuperato la sua dignità. Purtroppo le cicatrici di anni di violenza sono ancora impresse nel corpo e nella mente di “Maria”; guardare però negli occhi la figlia, le trasferisce una carica impensabile ed inimmaginabile. “Maria” adesso riesce a guardarsi allo specchio, ad apprezzare il suo aspetto, il suo essere “donna” senza se e senza ma. La sua voce non tradisce paura ma, trasmette la voglia di essere protagonista nella società e costruirsi u futuro più sereno.
La direttrice del Museo regionale di Messina Marisa Mercurio, presentando la Sala della Carrozza ha affermato che “non è soltanto uno spazio espositivo, ma un luogo dal profondo valore simbolico. Attraverso la maestosa carrozza storica che vi è custodita, la sala racconta un percorso di rinascita che parte da condizioni di disagio e difficoltà per approdare alla riscoperta della bellezza, della dignità e della memoria collettiva”. La carrozza, restaurata con cura e attenzione, ha proseguito la direttrice Mercurio, “diventa metafora di un ritorno alla vita: un oggetto un tempo abbandonato o dimenticato che rinasce grazie all’impegno di studiosi, restauratori e comunità locale. Così come il percorso di “Maria” che ha avuto il coraggio di rinascere per superare i momenti complessi e guardare con fiducia al futuro”. La Sala della Carrozza ha concluso Marisa Mercurio, “rappresenta dunque non solo un patrimonio culturale da preservare, ma anche un messaggio universale, la possibilità di tramutare le difficoltà in opportunità di crescita, di riportare alla luce ciò che è stato offuscato e di dare nuovo valore al vissuto”.
Il Procuratore aggiunto Assunta Musella, “ha tracciato un excursus della normativa che si occupa di violenza di genere, sottolineandone lo sviluppo nei diversi anni”. La violenza di genere, ha detto la procuratrice Mesella, “rappresenta una delle più gravi violazioni dei diritti umani, radicata in rapporti di potere diseguali tra uomini e donne”. Negli ultimi decenni, ha ricordato la procuratrice Musella, “sono stati sviluppati norme giuridiche per prevenire, contrastare e punire ogni forma di violenza, oltre che per proteggere e sostenere le vittime. Dalla Convenzione di Istanbul del 2011, ratificata in Italia con la Legge n. 77/2013, alla legge n. 69 del 2019, meglio conosciuta come Codice Rosso che ha segnato una svolta nel sistema penale, introducendo uan corsia preferenziale per i procedimenti relativi a violenza domestica e di genere; tempi più rapidi per l’audizione della vittima; e previsto nuovi reati come: le lesioni permanenti; la costrizione o induzione al matrimonio; la violazione del divieto di avvicinamento e il revenge porn”.
Il procuratore aggiunto Assunta Musella “ha espresso parole di apprezzamento per “Maria” che con grande coraggio, è riuscita ad abbandonare una condizione di “sudditanza” per tornare alla vita. Un gesto che ha implicato diversi problemi ma che certamente ha ridato serenità alla stessa Maria e alla figlia la quale, ha dovuto “subire” una violenza indotta in quanto partecipe involontaria di ogni forma di violenza patita della madre”.
La Rettrice Giovanna Spatari, tra l’altro, “ha ricordato l’omicidio di Sara Campanella, la studentessa di 22 anni che ha colpito profondamente l’opinione pubblica e la comunità accademica. Dietro il delitto forse un’ossessione da parte di un suo compagno di corso, che aveva manifestato attenzioni insistenti nei confronti di Sara, nonostante il suo sentimento non fosse corrisposto”. Sara, ha proseguito la Rettrice, “non aveva mai denunciato queste attenzioni, probabilmente perché non aveva percepito il pericolo reale cosa che invece aveva intuito, avvertendo una sua collega ed amica delle insistenze di un ragazzo che aveva preoccupato la giovane Sara”. La Rettrice Giovanna Spatari “ha ricordato come studenti, docenti e membri dell’ateneo si sono riuniti in un confronto collettivo per discutere dell’accaduto e del tema della violenza di genere”.
L’omicidio di Sara Campanella ha accentuato la degno collettivo e le richieste sociali e politiche per un cambiamento culturale nel modo in cui si affronta la violenza contro le donne.
La Rettrice Spatari ha voluto informare che “sempre più significativa è l’attività della prevenzione, dell’educazione e del supporto psicologico che viene svolto all’interno dell’Ateneo”.
Anche la Rettrice Spatari, nell’ascoltare la testimonianza di “Maria”, “è rimasta particolarmente colpita dalla forza e dell’amore incondizionato verso la figlia, che ha spinto la giovane professionista, a denunciare. Una decisione che certamente avrà creato grande sofferenza in una donna che credeva nel matrimonio e nell’amore di coppia ma che ha dovuto ricredersi viste le violenze subite”.
La dirigente scolastica Daniela Pistorino, ha trasferito “l’attività che l’Istituto “Antonello” svolge nella promozione della cultura del rispetto e della parità, avviando una serie di interventi mirati a contrastare la violenza di genere. Le attività, progettate hanno l’obiettivo di sensibilizzare gli studenti e dotarli degli strumenti necessari per riconoscere, prevenire e contrastare ogni forma di discriminazione e abuso”. Al centro del “progetto” ha proseguito la dirigente Pistorino, “vi sono incontri formativi rivolti a tutte le classi, durante i quali esperti affrontano temi quali il riconoscimento dei segnali di violenza fisica, psicologica ed economica; il ruolo delle relazioni affettive sane; il rispetto dell’identità e delle differenze; gli strumenti legali e i servizi di supporto disponibili sul territorio”. La testimonianza di “Maria”, ha affermato Daniela Pistorino, “hanno lasciato un segno profondo, capace di farsi spazio nel cuore e nella mente di chi ha ascoltato il suo racconto. Ogni dettaglio della sua vicenda diventa testimonianza viva di un dolore che non dovrebbe esistere, ma che trova forza nella condivisione. Ascoltarla significa farsi carico, anche solo per un istante, del peso che porta con sé; significa riconoscere il valore del suo coraggio e la necessità di non rimanere indifferenti. Così la sua voce, fragile ma determinata, diventa un richiamo potente alla responsabilità collettiva e alla speranza di un cambiamento reale”.
La prevenzione, rappresenta elemento fondamentale; importanti le attività svolte dalla Polizia di Stato e dai Carabinieri finalizzate al rispetto e alla parità di genere.
La Polizia di Stato ha dichiarato la Vice Questore aggiunta Chiara Ricco, “è da anni impegnata in un’azione capillare per prevenire, contrastare e far emergere i reati di violenza di genere. Attraverso progetti dedicati, strumenti tecnologici, procedure investigative specializzate e spazi protetti, l’obiettivo è garantire protezione immediata alle vittime e promuovere una cultura del rispetto e dell’ascolto”.
“Questo non è amore”, ha detto Chiara Ricco, “è la campagna nazionale che dal 2016 la Polizia di Stato porta avanti, un progetto itinerante che unisce operatori di polizia, psicologi, medici e volontari e riguarda, in modo particolare, campagne nelle piazze, nelle scuole e nei centri commerciali con camper e unità mobili dedicate; distribuzione di vademecum con consigli pratici per riconoscere i segnali della violenza; ascolto diretto e anonimo per chi vuole parlare con personale specializzato”.
In molti commissariati, ha detto il Vice Questore aggiunto, “è stata istituita la “Stanza tutta per sé”, ambienti riservati e accoglienti pensati per garantire privacy e sicurezza durante la denuncia; accogliere le vittime in un contesto non intimidatorio; permettere la presenza di psicologi o mediatori specializzati”.
Non ultima ha affermato la Vice Questore aggiunta Chiara Ricco, “l’app gratuita YouPol che consente di inviare segnalazioni direttamente alla Polizia di Stato, anche in forma anonima”.
Anche l’Arma dei Carabinieri svolge un ruolo cruciale nel contrasto alla violenza di genere, attuando attività sia repressive sia di prevenzione, oltre a offrire servizi di supporto alle vittime.
Il maresciallo Viviana Mondì ha parlato “delle campagne di comunicazione che l’Arma propone con video, spot, interviste e materiale informativo sui propri canali social per incoraggiare la denuncia e sensibilizzare la cittadinanza. Il coinvolgimento delle scuole con incontri educativi con studenti per promuovere il rispetto, il valore della dignità femminile e contrastare stereotipi culturali”.
Il maresciallo Mondì ha anche “presentato “una stanza tutta per sé”, realizzata in collaborazione con Soroptimist International; una sala di ascolto dedicata all’interno di varie caserme; ambiente pensato per ospitare vittime in un contesto più accogliente e discreto rispetto agli spazi istituzionali standard”.
Viviana Mondì ha annunciato che “nei prossimi mesi verrà inaugurata “una stanza tutta per sé” nel comune di Rometta”.
La psicoterapeuta della Messina Social City Mariangela Inferrera, ha parlato “dell’affettività che rappresenta uno degli aspetti fondamentali della vita di ogni individuo: è il terreno su cui crescono relazioni sane, fiducia, sicurezza emotiva e benessere psicologico”. Per questo, ha detto la Inferrera, “la Messina Social City ha scelto di dedicare un servizio specifico alla promozione e al sostegno delle relazioni affettive, riconoscendo il loro valore non solo nella sfera privata, ma anche nella costruzione di una comunità più coesa e solidale”.
Il servizio ha proseguito Mariangela Inferrera, “si rivolge a bambini, adolescenti, adulti e famiglie che vivono difficoltà nella gestione delle emozioni o nelle dinamiche affettive. Attraverso un approccio multidisciplinare si lavora per favorire l’ascolto, la comprensione e l’espressione delle emozioni, elementi fondamentali per coltivare relazioni positive”.
Investire nell’affettività ha detto la psicoterapeuta Inferrera, “significa anche prevenire forme di disagio sociale; la Messina Social City, attraverso questo servizio, contribuisce a creare contesti educativi e sociali più inclusivi, dove il benessere emotivo è considerato parte integrante del benessere collettivo”.
Per troppo tempo la lotta alla violenza sulle donne è stata trattata come un tema da calendario o da emergenza mediatica. Ma non c’è ricorrenza né clamore che possa sostituire il lavoro costante delle istituzioni. La tutela delle donne deve essere una priorità quotidiana, solo così si esce dalla logica dell’indignazione momentanea e si costruisce un sistema capace di prevenire, proteggere e intervenire prima che sia troppo tardi.
