Era un giorno atteso con trepidazione: la Nona Sinfonia di Beethoven avrebbe risuonato al Teatro Vittorio Emanuele, portando con sé tutta la forza di un capolavoro universale. Ma prima ancora che la musica iniziasse a raccontare la sua storia al pubblico, una tragedia ha colpito duramente l’orchestra e la città.
Durante le prove generali, due giorni prima del concerto, la violoncellista Genziana D’Anna si è sentita male proprio mentre stava suonando le battute iniziali del quarto movimento, nel punto in cui il violoncello assume un ruolo solista, introducendo il celebre “Inno alla Gioia”. Il malore è stato improvviso e devastante. I colleghi, in attesa dell’autoambulanza, le sono subito corsi in aiuto, insieme al personale medico presente sul posto, ma ogni tentativo di rianimazione si è rivelato inutile. Genziana non ce l’ha fatta.
La notizia ha sconvolto l’intera compagnia artistica. Un silenzio surreale ha attraversato il teatro: musicisti, tecnici, coristi, tutti attoniti di fronte a un evento tanto improvviso quanto crudele. Per molti, assistere a quel momento ha significato trovarsi di fronte alla fragilità umana nel cuore stesso dell’arte, dove tutto dovrebbe parlare di bellezza e di vita.
Nonostante la tragedia, la direzione artistica, in accordo con l’orchestra e i colleghi di Genziana, ha scelto di dedicare il concerto alla sua memoria. L’esecuzione della Nona Sinfonia ha così assunto un valore ancora più profondo, trasformandosi in un tributo commosso e vibrante.
Sul podio, il maestro Matthias Fletzberger ha guidato con eleganza e intensità l’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele di Messina, capace di restituire ogni sfumatura emotiva dell’opera, in un equilibrio perfetto tra tecnica e partecipazione emotiva. A rendere ancor più potente l’esecuzione è stata la straordinaria partecipazione del Coro Lirico Francesco Cilea, che ha affrontato le complesse pagine del finale con precisione, passione e profonda sensibilità. La preparazione del coro, curata con attenzione e maestria dal maestro Bruno Tirotta, è emersa in ogni intervento, dando voce al messaggio universale di speranza e fratellanza che Beethoven ha affidato alla sua ultima sinfonia.
Genziana è morta facendo ciò che amava, circondata dalla musica e dai suoi compagni di viaggio. E proprio quelle stesse note – che aveva appena accarezzato con l’archetto durante le prove – sono risuonate poche ore dopo come un canto di saluto, una preghiera, un abbraccio collettivo.
Il pubblico, consapevole della perdita avvenuta dietro le quinte, ha ascoltato in silenzio e con emozione, tributando lunghi applausi alla fine dell’esecuzione. Non solo per la bellezza della musica, ma per onorare chi, con passione e dedizione, ha fatto della musica la propria vita fino all’ultimo respiro.
