Quaglia Sovversiva: lo stile indipendente di Marco Castello

Delle molteplici uscite musicali che spopolano negli ultimi anni in Italia, il genere “indie” è senza dubbio quello più ricco di particolarità. Dalle band ai cantanti solisti, qualunque artista contraddistinto da questo tipo di etichetta riesce a crearsi un proprio seguito unico. Purtroppo però, molti musicisti nati con questo stile si allontanano col tempo dall’idea originaria. Quei cantanti “di nicchia” che diventano popolari spesso perdono il fulcro che li ha caratterizzati, passando da una tecnica insolita e difficile da reperire ad un eterno loop di canzoni monotone, che si dimostrano appagabili solo commercialmente. Esse difatti conducono ad una maggiore notorietà ed un profitto economico superiore, a differenza di quelle più inusuali. Alcuni fra i cantanti indie per fortuna riescono a seguire un percorso lineare, senza tramutare il proprio linguaggio in qualcosa di differente solo per l’aumento di fama. Tra questi, vi si trova Marco Castello, artista Siracusano che proprio in questi giorni ha pubblicato il suo ultimo disco “Quaglia Sovversiva”. ln primo luogo bisogna rammentare che il musicista oltre ad essere un eccellente polistrumentista – difatti suona la tromba, la batteria, la chitarra ed il pianoforte – è anche un lodevole cantautore. Marco Castello riesce a distinguersi dai propri colleghi per numerosi aspetti, che non riguardano solamente il proprio stile musicale, ma anche le idee sul mondo in cui si trova. Non fa parte di alcuna grande major discografica italiana, è difatti coinvolto in una propria etichetta indipendente chiamata “Megghiu Suli”. Questo potrebbe sembrare un aspetto insignificante, ma fa capire come si sia totalmente distaccato dal panorama musicale in cui è nato e in cui continua a crescere. Non è semplicemente parte di un genere qualsiasi, egli è in tutto e per tutto “indipendente”. Questa sorta di distacco si

nota ovviamente anche nelle sue canzoni, ed in ognuno dei suoi tre dischi. Quello di debutto, “Contenta Tu”, uscito nel 2021, pone le basi per il suo operato discografico. Melodie ipnotiche, testi orecchiabili e allo stesso tempo irriverenti, qualche provocazione qua e là fra pezzi a tratti comici e talvolta malinconici. Il primo album può considerarsi come un ottimo inizio per la sua carriera, ma solamente con il secondo, “Pezzi della sera”, riesce ancor di più ad ingranare la marcia giusta. Se aveva precedentemente trovato una propria impronta, solamente con il secondo disco Marco Castello crea un prodotto unico, che unisce il cantautorato classico italiano all’indie, con degli accenni davvero personali, come l’utilizzo del siciliano. Come detto anche dal cantante stesso, nella musica italiana moderna l’unico tipo di dialetto che si sente è quello napoletano, difficilmente se ne odono altri. Invece proprio in “Pezzi della sera” le canzoni con un linguaggio dialettale sono tante, ma non si usa il napoletano più commerciale, bensì proprio quello d’origine del cantante. Ricordiamo ovviamente che il cantautore è nato e cresciuto in Sicilia, proprio per questo oltre a descrivere spesso i luoghi dorigine nelle canzoni, utilizza anche il vero e proprio linguaggio con cui è cresciuto. ln “Contenta tu” vi era solo una canzone dialettale, nel suo secondo disco invece ce ne sono parecchie, e quasi tutti i pezzi presenti hanno accenni o frasi di questo genere. “Pezzi della sera” è anche quell’album che rende Marco Castello più conosciuto in Italia, non soltanto grazie alla bellezza dei pezzi stessi, ma anche a causa di varie parti delle canzoni andate in tendenza sui social. Alcune sezioni dei suoi brani più celebri, come “Beddu” o “Melo”, si sentono spesso online. Come confermato dal cantante stesso in una recente intervista, l’ascesa della connessione fra musica e tiktok o instagram è inevitabile, ma per questo non bisogna disprezzarla. Come nei testi di “Pezzi della sera” ci sono parti andate in tendenza, c’è anche tanta poesia ed arte. Se con il primo disco inizia la sua carriera ponendo delle basi solide, e grazie a quello successivo cresce e sperimenta, con il terzo ed ultimo album, “Quaglia Sovversiva”, Marco Castello consolida ulteriormente il suo percorso musicale.

Sicuramente non si notano pezzi incomparabili come quelli del suo secondo disco, ma senza dubbio riesce a passare da uno stile poco commerciale già presentato precedentemente, ad uno sempre più singolare. È probabilmente l’unico cantante indipendente italiano ancora attivo che, diventando più conosciuto, tende ad essere sempre meno scontato. Ascoltando il suo ultimo album l’unica domanda da porsi è chi attualmente fa ciò a cui si dedica Marco. Il titolo del prodotto si rifà semplicemente al suo luogo d’origine, Ortigia, difatti questo nome significa “quaglia”. “Sovversiva”, invece potrebbe riferirsi al voler rovesciare il mondo musicale in cui si trova il cantante, che tenta quasi una ribellione con un disco di questo tipo.

Un elemento fondamentale da analizzare di “Quaglia Sovversiva” è l’insieme delle transizioni che lo caratterizzano. Esistono attualmente dei cantanti che nei propri album – ovviamente che si possano chiamare così più che collezioni di canzoni una dietro l’altra – non utilizzano alcuna pausa? Cercando magari nelle discografie di vecchi musicisti, o di artisti di altri generi, si può certamente trovare questa caratteristica, ma solo Marco ad oggi si dedica a ciò nel proprio panorama musicale. Il disco “continuo” sembra ancor più di nicchia di quanto gli altri prodotti del cantautore non lo fossero mai stati. ln una recente intervista è stato confermato che l’intero album sia in realtà una vera e propria “colonna sonora” immaginaria ideata dal musicista, che accompagna una storia ambientata – ovviamente – in Sicilia. Non ci si occupa di temi banali, e neanche di argomenti troppo elevati per una comprensione adeguata, vi è quel miscuglio di riflessioni personali dal cantante stesso, già presenti nei suoi dischi precedenti. Sembra quasi che l’album sia un vero e proprio dialogo con Marco stesso, che utilizzando suoni ipnotici e melodie sensuali ci trascina verso la Sicilia. Naturalmente sono presenti canzoni in dialetto, anche più che nei dischi precedenti, cosa che si nota a primo impatto dai titoli stessi dei brani, quali “Mutu e scippi coppa” o “Chiuviti/Non chiuviti”. Altre canzoni quali “Editto dal sottoscoglio” o “All’acqua ghiacciata”, fin dal primo ascolto si mostrano immensamente suggestive, come se il cantante conducesse l’ascoltatore verso un mondo affascinante, ossia la sua tanto amata Sicilia. Probabilmente unica caratteristica leggermente deludente, o meglio dire, inaspettata, è che nel disco non si vedono pezzi con tratti più malinconici. Se prima aveva deliziato il pubblico con le magnifiche ed ovviamente tristi, “Sul serio” o “Melo” del disco precedente, qui vi è invece un ritmo generale molto più incalzante che non passa mai, sempre per dare quel senso di album “continuo”.

Come ha ammesso il cantautore stesso, questo disco è stato pubblicato

anticipatamente, senza grandi revisioni, come se non si potesse rimandare in nessun modo la sua uscita. Oltre alla musica tanto incantevole quindi, “Quaglia sovversiva” cerca semplicemente di esprimere un messaggio, che il cantante ha voluto condividere il prima possibile con il suo pubblico.

Dunque nel complesso, si può affermare che “Quaglia Sovversiva” è un disco davvero lodevole; non soltanto per la capacità del cantautore siciliano di saper crescere nel proprio percorso musicale, ma anche per il magnifico messaggio di fondo. Marco Castello con questo album dimostra un distacco dal mondo musicale di cui fa parte, “ribellandosi” utilizzando il dialetto siciliano e allontanandosi sempre più dal commerciale.

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